Anna Zvyagintseva
Dnipro (1986)

credits © Anna Zvyagintseva
Spontaneo, in etimologia, deriva dall’avverbio latino “sponte”, ovvero libera volontà.
In architettura, si considera spontanea una costruzione senza dogmi, libera da qualsiasi vincolo, tirata su senza progetto, con poco spazio per il pensiero e tanto tempo per l’azione. Un’azione necessaria, perché rispondente all’esigenza di ripararsi e di mantenere un luogo dove svolgere le azioni fondamentali della vita. Come al solito, è la natura ad offrire la più diversificata e realistica forma di spontaneità, e quindi, di libertà estrema ed imperturbabile forza di volontà. Tra i pendii scoscesi e nei fondovalle, lungo i bordi dei canali o nelle fratture delle rocce, pungenti rovi di more, insaziabili ortiche, cumuli di mirto, ginestre coloratissime si accomodano su pietre inospitali. Per crescere non hanno bisogno di essere coltivate, non serve che qualcuno se ne prenda cura. Esistono perché vogliono, esistere. Come architetture, che per elevarsi fanno a meno di studi o autorizzazioni, come forme anarchiche di sopravvivenza.
In uno dei momenti più difficili e incerti della sua vita da donna libera, Anna Zvyagintseva ha scelto di rappresentare l’umana disposizione alla resistenza attraverso la manipolazione del simbolo tra i simboli. Nella storia dell’umanità, la bandiera ha rappresentato il segno espressivo dei valori di coesione e appartenenza, di sacralità e protezione, per grandi società come per piccole comunità. To the rocks that holds roofs and to the plants that grow through the stones (dall’inglese “Alle rocce che sorreggono i tetti e alle piante che spuntano tra i sassi”) è un’opera volutamente priva di significati politici, è un vessillo etico e universale, cucita sulla spontaneità della natura e dell’architettura sandonatese.
Un tributo ad una comunità, quella di San Donato di Ninea, periferica e lontanissima, ma al contempo capace di essere incredibilmente vicina grazie alla disarmante umanità dei suoi abitanti.
Il progetto di Anna Zvyagintseva a San Donato di Ninea è coordinato dall’associazione Altrove – Vincenzo Costantino, Edoardo Suraci.
La mostra
To the rocks that hold roofs and to the plants that grow through stones
To the rocks that hold roofs and to the plants that grow through stones
a cura di Altrove
Spontaneo, in etimologia, deriva dall’avverbio latino “sponte”, ovvero libera volontà.
In architettura, si considera spontanea una costruzione senza dogmi, libera da qualsiasi vincolo, tirata su senza progetto, con poco spazio per il pensiero e tanto tempo per l’azione. Un’azione necessaria, perché rispondente all’esigenza di ripararsi e di mantenere un luogo dove svolgere le azioni fondamentali della vita. Come al solito, è la natura ad offrire la più diversificata e realistica forma di spontaneità, e quindi, di libertà estrema ed imperturbabile forza di volontà. Tra i pendii scoscesi e nei fondovalle, lungo i bordi dei canali o nelle fratture delle rocce, pungenti rovi di more, insaziabili ortiche, cumuli di mirto, ginestre coloratissime si accomodano su pietre inospitali. Per crescere non hanno bisogno di essere coltivate, non serve che qualcuno se ne prenda cura. Esistono perché vogliono, esistere. Come architetture, che per elevarsi fanno a meno di studi o autorizzazioni, come forme anarchiche di sopravvivenza.
In uno dei momenti più difficili e incerti della sua vita da donna libera, Anna Zvyagintseva ha scelto di rappresentare l’umana disposizione alla resistenza attraverso la manipolazione del simbolo tra i simboli. Nella storia dell’umanità, la bandiera ha rappresentato il segno espressivo dei valori di coesione e appartenenza, di sacralità e protezione, per grandi società come per piccole comunità. To the rocks that holds roofs and to the plants that grow through the stones (dall’inglese “Alle rocce che sorreggono i tetti e alle piante che spuntano tra i sassi”) è un’opera volutamente priva di significati politici, è un vessillo etico e universale, cucita sulla spontaneità della natura e dell’architettura sandonatese.
Un tributo ad una comunità, quella di San Donato di Ninea, periferica e lontanissima, ma al contempo capace di essere incredibilmente vicina grazie alla disarmante umanità dei suoi abitanti.
Il borgo

San Donato di Ninea, Calabria
39°43′N 16°02′E

Borgo San Donato di Ninea (CS) il presepe di Calabria PH Saverio Francesco PATERNOSTRO
San Donato di Ninea è un borgo di circa 1.200 abitanti della provincia di Cosenza. Arroccato sullo sperone roccioso della Motta (850 slm), San Donato di Ninea è immerso nel Parco Nazionale del Pollino, si affaccia sulla Valle dell’Esaro e sulla Sibaritide. È un antico borgo che deve le sue origini agli Enotri, con a capo Ninevo (da qui il nome Ninea), conosciuto anche per la presenza di un ricco giacimento minerario denominato “Cava dell’Oro”. Il borgo vede susseguirsi varie dominazioni: prima i Longobardi che scelgono come luogo di culto le grotte della Madonna dell’Angelo, di origine naturale scavata nei secoli dall’acqua. In seguito gli Aretini che portano il loro santo patrono San Donato V.M., dedicandogli il nome al borgo e alla cappella situata nella contrada Pantano (con dipinti epoca bizantina). Monumento importante è la Chiesa di S. Maria Assunta, situata sul punto più alto, sede naturale del Belvedere, con all’interno il quadro miracoloso della Madonna Assunta portato in processione il 24 maggio. Il borgo è arricchito da un secondo centro storico nella frazione Policastrello, dove si erge il castello feudale della famiglia Sangineti/Sanseverini.
Una ricorrenza molto importante è la Festa d’autunno nel mese di novembre, dove viene celebrata la castagna, da secoli frutto importante per l’economia sandonatese. Il borgo offre al turista esperienze suggestive in tutte le stagioni, con attività in montagna (dove sorge un Rifugio in località Piano di Lanzo a 1350m slm) e con la possibilità di soggiornarci anche d’estate vista la sua vicinanza alla costa.