Il primo riferimento necessario per entrare nell’intervento di Diego Perrone a Costozza è la definizione perfetta che ha dato di questo territorio una persona che lo vive tutti i giorni: uno scrigno chiuso. Parole precise, che definiscono la presenza di ricchezze uniche ma spesso inaccessibili. L’apertura di uno spazio nel borgo è stato quindi il primo passo necessario per creare una relazione con il territorio, seguito poi dallo studio approfondito delle sue straordinarie origini geologiche. La storia di Costozza è infatti legata ai Colli Berici e alla pietra di Vicenza, che fin dall’antichità è conosciuta per le sue caratteristiche uniche di malleabilità e resistenza. Stratificazioni di centinaia di metri di questa pietra si sono formati grazie alla frantumazione e all’accumulo di sabbia, conchiglie, crostacei e residui organici. La presenza di un mare caldo e ossigenato ha iniziato questo processo mentre il collasso di un’antica barriera corallina, l’emersione del suo fondale e il successivo ritiro delle acque l’hanno portato a termine. Il frullamento del mare di latte è un’installazione ambientale nella chiesetta di San Michele, la cui origine è presente anche nell’antico statuto di Costozza e precede la costruzione di Villa Trento Carli, di cui adesso è parte. Le opere e la selezione di libri che compongono l’installazione vogliono immergere lo spettatore nel processo che più di trenta milioni di anni fa ha portato a generare il territorio del borgo. La schiuma, apparentemente informe ma le cui bolle sono mosse da algoritmi matematici molto precisi, diventa il simbolo di una trasformazione viva, fatta di elementi organici: una cristallizzazione in cui il tempo perde di senso e i cui elementi sono destinati a dissolversi. Allo stesso tempo, la schiuma rappresenta uno strato di visione attraverso cui può essere scorto altro; come nell’antica leggenda induista del Samudramanthana, da cui è stato tratto il titolo, il rimestamento delle acque originali è riuscito a far affiorare tesori antichi.
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Opera esposta:
Diego Perrone, Il frullamento del mare di latte, 2023. Stampe calcografiche su gesso, selezione di libri, dimensioni variabili.
Chiesa di San Michele, via Bartolomeo Bizio, 22, 36023 Longare (VI)
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DALLA MECCANICA DELLA SCHIUMA POSSO EVINCERE UN’ARCHITETTURA DI INSIEME, UNA GEOMETRIA CHE MUTA FINO A DISSOLVERSI. QUANDO IL MARE CHE RICOPRIVA COSTOZZA SI È RITIRATO, LA FERMENTAZIONE DEL SUO FONDALE HA GENERATO PICCOLI VUOTI NELLA PIETRA, MEMORIA DEGLI ABITANTI CHE PER PRIMI HANNO POPOLATO QUESTA TERRA
Diego Perrone (Asti, 1970) vive e lavora a Milano. È un artista visivo e la sua pratica include soprattutto scultura e disegno, creando paesaggi mentali né reali né immaginari. Le sue mostre personali sono state presentate in istituzioni quali MACRO, Roma, (2022-23); Museo Nazionale Romano - Palazzo Massimo, Roma; Bullseye Projects, Portland (2019); Villa del Principe, Genova; Spazio Murat, Bari (2017); Museion, Bolzano (2013); Fondazione Brodbeck, Catania (2010); CAPC, Bordeaux; MAMbo, Bologna (2007); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino (2005); Pitti Immagine Discovery, Firenze (2000). I suoi lavori sono stati inclusi in importanti mostre collettive presso GAM, Torino; Kunstmuseum St.Gallen, Svizzera; Villa Medici, Roma; Palazzo del Quirinale, Roma; Triennale, Milano; Castello di Rivoli, Torino; Magasin, Grenoble; Museum of Contemporary Art, Chicago; Palazzo Grassi, Venezia; Malmö Art Museum, Malmö; PAC, Murcia; Whitechapel Gallery, London; New Museum, New York; Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Centre Georges Pompidou, Parigi. Ha partecipato a numerose rassegne internazionali come La Biennale di Venezia, (2013 e 2003); Berlin Biennial for Contemporary Art (2006); Moscow Biennale (2005); Triennale India, Lalit Kala Akademi, New Delhi (2005); Manifesta 3, Ljubliana (2000).
È UN’INSTALLAZIONE AMBIENTALE NELLA PICCOLA CHIESA DI SAN MICHELE, COMPOSTA DA UNA SERIE DI OPERE SCULTOREE E UNA SELEZIONE DI LIBRI CHE RIPERCORRONO LE PECULIARI ORIGINI GEOLOGICHE DEL TERRITORIO
Lungo la strada che costeggia i Colli Berici orientali e collega Vicenza al Basso Vicentino, poco oltre Longare, si trova Costozza: uno scrigno di architettura, arte e storia del tutto sproporzionato rispetto alla sua piccola dimensione. Chiese, ville e giardini spettacolari popolati da statue testimoniano un passato incredibile. Fin da tempi remoti questa contrada era nota per la bontà dei vini locali e per l’estrazione della pietra bianca calcarea, detta appunto di Costozza, che veniva estratta sia dalle viscere del monte che dalle priare, ovvero cave a cielo aperto. Vestigia dell’attività estrattiva secolare, oltre alle pareti rocciose a strapiombo che fanno da sfondo al borgo, sono le grotte dove si coltiva un altro prodotto tipico locale: i funghi pioppini. Questi cunicoli, artificiali o di origine carsica, si articolano in un sistema famoso per la sua ampiezza e per essere collegato ai ventidotti: gallerie sotterranee che portavano aria fresca d’estate e tiepida d’inverno all’interno delle ville e delle loro cantine. Si tratta di un vero e proprio sistema di aria condizionata ante litteram, perfezionato nel Cinquecento e studiato anche dal Palladio, all’origine del cosiddetto Scherzo di Costozza: aperte improvvisamente le grate, gli illustri ospiti venivano travolti dai brividi. Leggenda vuole che anche Galileo Galilei, ospite dei conti Trento, ne sia stato vittima sul finire del Cinquecento: in una lettera racconta del periodo padovano come “li diciotto anni migliori di tutta la mia età”, ma attribuisce a quell’episodio tutti i malanni della sua vecchiaia.