Nel paesaggio frammentato delle colline di Custonaci, i residui dell’attività estrattiva emergono come massi erratici, scarti di cava che si integrano nel territorio fino a confondere i limiti tra natura e intervento umano. È in questo contesto che si inserisce MANGIATUTTO, opera di Nicola Martini, un’indagine plastica e concettuale sul rapporto tra estrazione, materia e memoria. Due blocchi informi di Perlato Siciliano, provenienti dalle cave nei pressi di Monte Cofano, diventano il punto di partenza per un processo di erosione estrema, operata con frese a tazza di diverso diametro. La pietra, trafitta in ogni direzione fino al limite del collasso strutturale, si apre alla possibilità di un’altra lettura: non più semplice rifiuto industriale ma corpo resistente, carico di tempo geologico e tensioni simboliche. Il gesto non è distruttivo, ma rituale: ogni perforazione è un varco nel tempo della pietra, nel suo silenzioso divenire geologico. L’opera diventa così meditazione sulla materia e sulla sua memoria: ogni centimetro di pietra è un archivio, una geologia pensante che precede l’umano. Martini ci conduce nel vuoto, nel volume sottratto, nel “non detto” della roccia. In questo processo, fondamentale è l’incontro con le maestranze locali. Mani esperte, abituate alla pietra come a un organismo vivo, che conoscono la durezza e le vene, i suoni e le rotture. L’intervento si completa con l’innesto paradossale di tre cilindri in Diaspro rosso siciliano, marmo prezioso, che tenta invano di ricomporre ciò che è stato eroso. Il gesto è impossibile, ma necessario: indica la frattura, la perdita, la memoria. E ci ricorda che ogni pietra è un archivio geologico, racconta ere remote, pre-antropiche, ci ridimensiona. MANGIATUTTO è un’opera che abita il vuoto, lo attraversa, lo rende visibile. È una soglia tra la geologia e la storia, tra il gesto umano e la durata cosmica.
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Opere:
01. Nicola Martini, MANGIATUTTO (1), 2025, Perlato di Sicilia, Diaspro rosso, 140 x 134 x 161 cm, Parco Cerriolo, via Circonvallazione Nord, Custonaci (TP)
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02.Nicola Martini, MANGIATUTTO (2), 2025, 120 x 140 x 150 cm, Parco Cerriolo, via Circonvallazione Nord, Custonaci (TP)
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OGNI CENTIMETRO DI MATERIA LITICA È UN MAPPALE IN GRADO DI RIVELARCI LA SUA STESSA PRESENZA IN ERE PRIVE DI PRESENZA ANTROPICA, ERE ANTECEDENTI L’IO PENSO. L’OPERA, CON LA SUA MOLTITUDINE DI PERFORAZIONI, VUOLE PORTARCI NEL SOTTRATTO, NEL VOLUME ASPORTATO E RICOLLOCATO, UN PONTE FRA MEMORIA LAPIDEA E UMANA.ㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤ
Nicola Martini (Firenze, 1984) vive e lavora a Milano. La sua pratica scultorea si fonda su vari processi di destrutturazione e su un approccio filosofico orientato all’oggetto. Le sue opere – realizzate con liquidi organici e inorganici, minerali, metalli, plastiche, materiali d’archivio o di recupero – riflettono una ricerca sulla storia, sulla durata del tempo e sulla percezione. Le sue installazioni sono pensate come spazi di esperienza, in cui il pubblico è invitato a confrontarsi con questi temi.
Nel 2024 ha vinto l’Henraux Sculpture Prize e nel 2021 ha ricevuto il Pollock-Krasner Foundation Grant. Tra le mostre personali: 1669, Clima, Milano (IT, 2024); Testimone Perpetua, Toast, Firenze (IT, 2022); Appunti dall’Inframezzo, Clima, Milano (IT, 2021); And welded skin, Galerie Philipp Zollinger, Zurigo (CH, 2020); Molten, Dittrich & Schlechtriem, Berlino (DE, 2018); The Sober Day, kaufmann repetto, New York (US, 2015); Sippe, kaufmann repetto, Milano (IT, 2013); Nervo Vago, Museo Marino Marini, Firenze (IT, 2012). Ha preso parte a numerose collettive, tra cui: Henraux Sculpture Prize, Fondazione Henraux, Querceta (IT, 2024); Panorama, a cura di Cristiana Perrella, L’Aquila (IT, 2023); La Collezione Impermanente, a cura di Lorenzo Giusti, GAMeC, Bergamo (IT, 2021); Performativity, Centrale Fies, Dro (IT, 2020); #80|#90, a cura di Pier Paolo Pancotto, Villa Medici, Roma (IT, 2019); Black Hole, GAMeC, Bergamo (IT, 2018); Intuition, a cura di Axel Vervoordt e Daniela Ferretti, Palazzo Fortuny, Venezia (IT, 2017); A occhi chiusi, gli occhi sono straordinariamente aperti, a cura di Luca Lo Pinto, Quadriennale di Roma (IT, 2016).
Affacciato sulla baia di Cornino, tra il Monte Cofano e il Monte Erice, Custonaci offre uno dei paesaggi più affascinanti della Sicilia occidentale. Acque cristalline, falesie calcaree e macchia mediterranea fanno da sfondo a un territorio dove natura e storia si incontrano. La Riserva di Monte Cofano è un concentrato di biodiversità, mentre grotte come la Grotta Mangiapane raccontano un passato millenario, oggi valorizzato dal museo e dal presepe vivente. Nel centro, il Santuario di Maria Santissima di Custonaci conserva una tavola del 1521 e accoglie ad agosto il suggestivo Sbarco della Madonna, rievocazione tra fede e tradizione. La devozione si esprime tra altari barocchi, sculture lignee e pitture sacre.Custonaci è anche terra di sapori: couscous di pesce, busiate al pesto trapanese, dolci tipici come le spince, accompagnati da vini locali e prodotti dell’entroterra. Cuore economico è il Perlato di Sicilia, che racconta una lunga storia di maestria artigiana e orgoglio locale.
Giulia Monroy (Palermo, 1990) si laurea in Progettazione degli spazi espositivi e allestimenti museali presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Si occupa di produzione nel campo delle arti visive. Dal 2017 al 2023 è assistente di galleria da Francesco Pantaleone e dal 2021 al 2024 assistente curatoriale e gestionale per ZACentrale, Fondazione Merz. Collabora anche con ruber.contemporanea e Fondazione Ghenie Chapels. Nel 2024 fonda studio moy, progetto che offre visite guidate negli studi d’artista a Palermo.Per una Boccata d’Arte in Sicilia, ha curato i progetti di Ella Littwitz a Pollina (2023) e di Nicola Baratto & Yiannis Mouravas a Sant’Angelo Muxaro (2024).