(ㅤ) è una scultura cinetica. È composta principalmente da due parentesi metalliche che, mosse dal vento, incorniciano il cielo e il paesaggio circostante in un movimento circolare, a volte più incerto e altre più deciso. La scultura ci invita a riflettere sul significato dei segni alfabetici e su come questo possa variare tra un numero infinito di possibili interpretazioni. Lo spettatore, infatti, di fronte all’opera — che rappresenta un ulteriore proliferare di questi segni al di fuori del loro contesto canonico, ovvero il testo — può contemplare cosa essi rappresentino. Possono essere considerati per la loro forma, come se fossero una scultura. Possono anche fare riferimento a qualcos’altro, come solitamente fanno i segni. Ad esempio, possono riferirsi all’azione di mettere qualcosa tra parentesi, il che, se vogliamo, è ciò che accade al cielo e al paesaggio in questo caso. Questi oggetti possono anche diventare insignificanti se non riempiti dallo sguardo dell’osservatore. Sedendosi su una virgola, lo spettatore può fare una pausa e respirare in uno spazio intermedio. Uno spazio per semplicemente essere, per sentire il vento e lasciare che pensieri e sguardo si mescolino.
De Kort ci mostra come questi oggetti grammaticali possano prendere vita e sfuggire dai significati predefiniti, proliferando altrove, sempre gli stessi, ma sempre potenzialmente diversi. Il titolo stesso dell’opera, ad esempio, è un altro “luogo” occupato da questi oggetti grammaticali, che possono prendere vita fisicamente, sulla carta, ma soprattutto nella mente dello spettatore. Quest’ultimo, in particolare, è colui che può decidere come giocare con il loro significato. In questa fuga dei segni, parentesi e virgole, proprio a causa del loro carattere sospensivo, sembrano essere i più predisposti a evadere dal regime grammaticale che li vincola, mostrando ai propri compagni di alfabeto che anche essi possono ribellarsi alle loro catene semiotiche.
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Opera:
01. Ode de Kort, (ㅤ), 2024. Tre elementi, materiali diversi, dimensioni variabili.
Via della Valle 43, Otricoli
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Partner tecnico: ONIRICO
(ㅤ) si muove in cerchi, girando intorno a ciò che conosciamo e a ciò che non conosciamo. (ㅤ) segna uno spazio, un’apertura, un punto di vista. Indica qualcosa, e allo stesso tempo ci mostra qualcosa che non c’è, uno spazio vuoto, qualcosa da riempire o da lasciare aperto?
Ode De Kort (Malle, Belgio, 1992) vive e lavora ad Anversa. Ha studiato Fotografia alla KASK School of Arts di Ghent, Belgio. Nel 2021 ha ottenuto il dottorato in Arte presso UHasselt University e PXL-MAD School of Arts in Belgio. La sua pratica si configura come un esercizio poetico e performativo che esplora le interazioni tra corpo e linguaggio. Una delle costanti del suo lavoro è una sorta di ossessione per segni o figure specifiche, come la “O” o uno stivale di gomma. Interrogandosi su come questi oggetti/segnali possano comunicare o essere interpretati, sviluppa diversi vocabolari in cui la ripetizione assume un ruolo fondamentale, oscillando tra significato e rumore. Questo “parlare” si manifesta attraverso una varietà di media, tra cui installazioni, performance, testi, suoni, fotografie e video. La sua pratica si traduce in molteplici iterazioni degli stessi elementi, ripetuti e rielaborati in contesti diversi. Attraverso giochi di scala e ripetizioni, De Kort esplora ritmi e spazi interstiziali che potenziano la nostra capacità di esplorazione e riscoperta. Ha presentato il suo lavoro in diverse istituzioni internazionali, tra cui Kunsthal Aarhus (DK, 2024); Les Ateliers Claus, Saint-Gilles (BE, 2023); Argos Center for Audiovisual Arts, Bruxelles (BE, 2022); Riga Photography Biennial, Latvian National Museum of Art, Riga (LV, 2020); De Warande, Turnhout (BE, 2020); De Brakke Grond, Amsterdam (NL, 2019); Kunstvereniging, Diepenheim (NL, 2017); CAB Contemporary, Brussels (BE, 2016); Dolomiti Contemporanee, Casso (IT, 2017); SpazioA, Pistoia (IT, 2017); FOMU, Anversa (BE, 2015).
CONSIDERO TUTTI I MATERIALI CHE USO COME DEI MIEI COLLABORATORI, NON MI SENTO AL DI SOPRA DI ESSI.
POSSO MANIPOLARLI, MA ANCHE LORO HANNO UNA QUALCHE FORMA DI CONTROLLO SU DI ME.
Il borgo di Otricoli, in provincia di Terni, si trova sulla sommità della collina che sovrasta l’area archeologica dove sorgeva l’antica città romana di Ocriculum, una posizione dominante, su un lungo tratto della valle del Tevere, che imprime all’insediamento urbano l’aspetto di roccaforte da cui derivò il nome.
L’attuale centro storico conserva, all’interno della cinta muraria altomedievale, edifici e monumenti di epoche storiche anche molto lontane tra loro, dall’età medievale fino al Novecento: il Palazzo Priorale, attuale sede dell’Antiquarium Comunale, e la Collegiata dedicata a S. Maria Assunta, un interessante esemplare di luogo di culto preromanico del VII secolo, con materiali decorativi di età romana e medioevale. Nell’epoca moderna il centro storico continuò ad ampliarsi con edifici di notevole valore artistico e architettonico, come l’Oratorio di S. Giuseppe da Leonessa, la Chiesa di S. Salvatore e la casa Squarti-Perla, con la sua eccezionale porta costruita interamente da frammenti antichi. Della città di Ocriculum sono ancora ben visibili i monumenti dell’antico abitato romano, come l’area defloro e della basilica, il teatro, le terme e la necropoli arcaica.