Spontaneo, in etimologia, deriva dall’avverbio latino “sponte”, ovvero libera volontà. In architettura, si considera spontanea una costruzione senza dogmi, libera da qualsiasi vincolo, tirata su senza progetto, con poco spazio per il pensiero e tanto tempo per l’azione. Un’azione necessaria, perché rispondente all’esigenza di ripararsi e di mantenere un luogo dove svolgere le azioni fondamentali della vita. Come al solito, è la natura ad offrire la più diversificata e realistica forma di spontaneità, e quindi, di libertà estrema ed imperturbabile forza di volontà. Tra i pendii scoscesi e nei fondovalle, lungo i bordi dei canali o nelle fratture delle rocce, pungenti rovi di more, insaziabili ortiche, cumuli di mirto, ginestre coloratissime si accomodano su pietre inospitali. Per crescere non hanno bisogno di essere coltivate, non serve che qualcuno se ne prenda cura. Esistono perché vogliono, esistere. Come architetture, che per elevarsi fanno a meno di studi o autorizzazioni, come forme anarchiche di sopravvivenza. In uno dei momenti più difficili e incerti della sua vita da donna libera, Anna Zvyagintseva ha scelto di rappresentare l’umana disposizione alla resistenza attraverso la manipolazione del simbolo tra i simboli. Nella storia dell’umanità, la bandiera ha rappresentato il segno espressivo dei valori di coesione e appartenenza, di sacralità e protezione, per grandi società come per piccole comunità. To the rocks that holds roofs and to the plants that grow through the stones (dall’inglese “Alle rocce che sorreggono i tetti e alle piante che spuntano tra i sassi”) è un’opera volutamente priva di significati politici, è un vessillo etico e universale, cucita sulla spontaneità della natura e dell’architettura sandonatese. Un tributo ad una comunità, quella di San Donato di Ninea, periferica e lontanissima, ma al contempo capace di essere incredibilmente vicina grazie alla disarmante umanità dei suoi abitanti.
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Opere permanenti:
Anna Zvyagintseva, To the rocks that hold roofs and to the plants that grow through stones, 2022, bandiera in cianotipo stampata a mano, cotone, tubo in alluminio anodizzato; 400 x 100 x 10 cm.
San Donato di Ninea (CS), Calabria
SONO STATA A SAN DONATO DI NINEA IN PRIMAVERA, TUTTO FIORIVA E AVVERTIVO LA PRESENZA DELLA VITA OVUNQUE ANCHE SE IL BORGO SEMBRAVA DESERTO E TANTE CASE DISABITATE. TUTTE QUESTE CASE ERANO CIRCONDATE DA PIANTE CHE SPUNTAVANO TRA LE PIETRE. CIÒ MI HA DATO UNA SENSAZIONE DI SPERANZA E DI VICINANZA AL MIO PAESE CHE IN QUESTO MOMENTO STA COMBATTENDO IN UNA GUERRA INIZIATA DALLA RUSSIA
Anna Zvyagintseva (Dnipro, 1986) indaga le sfaccettature impercettibili e impalpabili della vita, mettendo in mostra la loro fragilità e documentando momenti inafferrabili e inafferrabili. Corpo, percorsi, azioni inutili e piccoli gesti sono i temi principali del suo lavoro, incentrato sull’idea della potenzialità di fare qualcosa senza uno scopo chiaro. Anna ricerca come l’esitazione e gli errori possano portare a incontri e risultati inaspettati. Molte delle sue opere parlano della potenzialità del dubbio e sono un tentativo di osservare il movimento del pensiero. La sua opera è composta da un intreccio di disegni in varie forme e variazioni transmediali come scultura, installazioni, video e pittura. Nel 2010 si è laureata presso l’Accademia Nazionale di Belle Arti e Architettura, dipartimento di pittura, a Kiev. Nel 2015 ha partecipato al Padiglione dell’Ucraina Hope! alla 56. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia; nel 2017 a The school of Kyiv, in occasione della Biennale di Kiev. Ha ricevuto il principale Pinchuk Art Prize nel 2017 e nel 2015 ha ricevuto lo Special Prize e ha anche ricevuto il Public Choice Prize. È membro del gruppo curatoriale Hudrada dal 2010. Mostre personali: The Empty Spaces of Doors and Windows Allow the Room to be Inhabited, 2019, The Naked Room, Kiev, Ucraina; Misplaced touches, 2017, PinchukArtCentre, Kiev, Ucraina; The radio behind the wall, 2015, Closer, Kiev, Ucraina; Trusting movement, 2013, Scherbenko Art Center, Kyiv.
SIAMO COME PIETRE CHE SORREGGONO I TETTI E CHE IL VENTO VUOLE RIPETUTAMENTE SOBBALZARE. SIAMO COME LE PIANTE CHE CON TENACIA CRESCONO ANCHE IN CONDIZIONI AVVERSE. IL MIO LAVORO PER SAN DONATO DI NINEA È UN INNO ALLA FORZA, ALLA PERSEVERANZA, ALLA RESISTENZA E AL TEMPO E, DALL'ALTRA PARTE, ALLA FRAGILITÀ E AL VALORE INESTIMABILE DELLA VITA. SPERO CHE IL BORGO POSSA CONDIVIDERE QUESTO STESSO SPIRITO E CHE LA MIA BANDIERA CON LE PIETRE E LE PIANTE POSSA ACCOMPAGNARLO
San Donato di Ninea è un borgo di circa 1.200 abitanti della provincia di Cosenza. Arroccato sullo sperone roccioso della Motta (850 slm), San Donato di Ninea è immerso nel Parco Nazionale del Pollino, si affaccia sulla Valle dell’Esaro e sulla Sibaritide. È un antico borgo che deve le sue origini agli Enotri, con a capo Ninevo (da qui il nome Ninea), conosciuto anche per la presenza di un ricco giacimento minerario denominato “Cava dell’Oro”. Il borgo vede susseguirsi varie dominazioni: prima i Longobardi che scelgono come luogo di culto le grotte della Madonna dell’Angelo, di origine naturale scavata nei secoli dall’acqua. In seguito gli Aretini che portano il loro santo patrono San Donato V.M., dedicandogli il nome al borgo e alla cappella situata nella contrada Pantano (con dipinti epoca bizantina). Monumento importante è la Chiesa di S. Maria Assunta, situata sul punto più alto, sede naturale del Belvedere, con all’interno il quadro miracoloso della Madonna Assunta portato in processione il 24 maggio. Il borgo è arricchito da un secondo centro storico nella frazione Policastrello, dove si erge il castello feudale della famiglia Sangineti/Sanseverini.
Una ricorrenza molto importante è la Festa d’autunno nel mese di novembre, dove viene celebrata la castagna, da secoli frutto importante per l’economia sandonatese. Il borgo offre al turista esperienze suggestive in tutte le stagioni, con attività in montagna (dove sorge un Rifugio in località Piano di Lanzo a 1350m slm) e con la possibilità di soggiornarci anche d’estate vista la sua vicinanza alla costa.