Interrogandosi sulla matrice cristiana della sua pittura, Sofia Silva realizza per la Pieve di San Martino due grandi tele verticali, poste nella navata destra.
Tra ciottoli di ghiaia due dipinti, dal titolo Arrossire e Rosseggiare, si sviluppano in altezza e poggiano tra le rovine di una chiesa paleocristiana risalente al V secolo.
L’artista ha immaginato le opere riflettendo sui temi della purezza e dell’innocenza. L’emozione di arrossire è una delle prime che si percepisce consapevolmente da bambini, un sentimento che si accompagna tanto al candore quanto alla vergogna. Il termine viene spesso menzionato nei testi sacri: in riferimento agli angeli, come nei Vangeli, o anche altrove, come nel testo di Sant’Agostino che, in occasione delle nozze di Cana, commenta: “L’acqua vide il suo Signore, e arrossì!”.
Nella poetica dell’artista, la pittura si scompone in una grammatica di elementi, come le parole di una poesia, che posso essere legate, in un intreccio di evocazioni, o slegate tra di loro. Il rosso tinge lo sfondo bianco, e il dialogo visivo tra gli elementi pittorici crea una temperatura astratta di colore, che risalta nel contesto archeologico. La verticalità contribuisce a spezzare la narrazione del tratto e della figura, che in Silva non si concretizza mai in rappresentazione, ma rimane sospesa nel segno e nel disegno, dove ogni movimento sembra nascere e ripartire ogni volta da se stesso.
Palazzo Pignano, situato nella distesa della campagna cremasca, si divide in tre frazioni, ognuna con la sua anima. L'intervento di Sofia Silva si conclude con un incontro rivolto a tutta la cittadinanza, nel desiderio di rendere partecipe la comunità. L'incontro, che chiude il periodo di esposizione delle opere, introduce alcuni elementi di storia dell'arte contemporanea e analizza, anche in rapporto al contesto territoriale, il lavoro dell'artista.
ㅤ
Opere:
01. Sofia Silva, Arrossire, 2024. Tecnica mista su tela, 300 x 100 cm.
Pieve di San Martino, Piazzale Chiesa 1, Palazzo Pignano
02. Sofia Silva, Rosseggiare, 2024. Tecnica mista su tela, 300 x 100 cm.
Pieve di San Martino, Piazzale Chiesa 1, Palazzo Pignano
Dipingere per un luogo di culto così familiare e quindi delicato per i cittadini di Palazzo Pignano è stata una fonte di scrupoli per me nuova e feconda. La mia produzione pittorica accoglie una matrice cristiana, mi sono interrogata intorno alle possibilità di evidenziarla.
Sofia Silva (Padova, 1990), vive e lavora a Padova. Ha studiato a Venezia all’Università IUAV, laureandosi nel 2012, e successivamente Storia delle arti e conservazione dei beni artistici all’Università Ca’ Foscari. La sua pratica pittorica si colloca da sempre in un immaginario legato a un mondo femminile effimero, acerbo e dolente. La peculiarità di Sofia Silva nel vasto panorama della pittura contemporanea consiste nell’introduzione di oggetti e soggetti intimi e personali nel linguaggio della pittura analitica. La grammatica analitica – non referenziale e salda alla specificità del medium – in cui Silva radica la propria ricerca, è tradita da un insieme di dettagli che apostrofa il dato biografico e generazionale. In parallelo alla sua pratica artistica, Silva ha scritto per dieci anni testi sull’arte pubblicati in riviste e cataloghi di istituzioni tra cui La Quadriennale di Roma, Fondation Vincent van Gogh a Arles e KW Institute for Contemporary Art di Berlino.
Credo in una pittura anti-illusionistica, legata alla qualità materica del quadro-oggetto, umile. Le mie tele sono caratterizzate da manifesto lirismo, dispositivi decorativi e simbolici utilizzati nella pittura votiva, riferimenti classici, soggetti tratti dal mondo dei giocattoli o dall'epica.
Identifico le mie opere nel colore rosa. Che sia povero, sontuoso, bruciato, perlato, gelido, infantile o sepolcrale, ogni quadro ha il suo rosa che, riferendosi a momenti diversi della storia dell'arte, attiva atmosfere di volta in volta accoglienti o severe.
Tra i fiumi Adda e Serio si estende Palazzo Pignano, che con i suoi 3.812 abitanti sorge su un importante insediamento agricolo di origine protoromanica.
Gli scavi archeologici testimoniano la presenza di un centro abitato già nel V secolo d.C., dotato di una fiorente attività che si svolgeva attorno a un tempio palatino a pianta circolare e a edifici civili di cui un palatium, da cui il nome del borgo. Proprietà di Piniano, della gens Valeria, e della moglie Melania, primi evangelizzatori della campagna cremasca, Palazzo Pignano appare nei documenti per la prima volta nell'anno Mille ed è segnato da due grandi devastazioni, nel 951 d.C. e nell’XI secolo, durante gli scontri tra Milano e Pavia. La pieve, con le sue forme romaniche, ha quasi mille anni ed è stata teatro delle dinamiche delle signorie lombarde per tutto il Medioevo.
La vasta area archeologica comprende anche l’annesso antiquarium, piccolo museo archeologico dove vengono conservati i ritrovamenti degli scavi, fra cui frammenti di vetro, pavimenti e altri oggetti.
A testimonianza della tradizione rurale sorge il complesso di storia contadina: Cascine Gandini, Cascine Capri e Ortensie e Casine, indicate come le “Porticate” e contornate dalle rogge, alimentate da numerosi fontanili e dalle risorgive, fenomeni che hanno determinato la completa vocazione del territorio all’agricoltura.