L’intervento dell’artista Matteo Nasini nei ruderi di Soverato Vecchia trae ispirazione dal rito d’incubazione, una pratica ancestrale diffusa nell’antica Grecia e in gran parte delle culture arcaiche. Il rito d’incubazione è l’atto di dormire in un luogo sacro, e il sogno vissuto nella notte è il responso divino a cui affidarsi. Questa antica pratica spirituale che coinvolge la dimensione onirica rivive oggi in forma laica e artistica nell’installazione e nella performance Sparkling Matter. Matteo Nasini trasforma le onde cerebrali generate durante la fase REM in solidi scultorei e in composizioni sonore automatiche, attraverso una tecnologia capace di tradurre l’attività elettrica del nostro cervello in forme e suoni. Le sculture disposte all’interno del rudere, simili alle linee delle colonne, sono frutto di una trasposizione dei dati registrati durante le fasi REM in forme geometriche, stampate in ceramica tridimensionale attraverso un processo digitale. Un performer sarà addormentato e collegato a un encefalografo. Nell’arco del suo sonno sarà possibile ascoltare la trasformazione degli impulsi celebrali in differenti suoni e armonie, dettati dalle fasi del sonno in tempo reale.
IN "SPARKLING MATTER", CIÒ CHE PERCEPIAMO ATTRAVERSO IL SUONO E LA MATERIA È UNA NARRAZIONE TEMPORALE DI UN’ATTIVITÀ, INTIMA E SEGRETA, CAPACE DI CREARE UN RITRATTO, O UN SIMULACRO, DEL NOSTRO PENSIERO
La ricerca artistica di Matteo Nasini (Roma, 1976) parte dallo studio del suono, per concretizzarsi in forme fisiche che analizzano in profondità e osservano la superficie della materia sonora e di quella plastica. Ne deriva una pratica che si manifesta metodologicamente nelle installazioni sonore, nelle performance, nei lavori tessili e nelle opere scultoree.
L’INTERVENTO DELL’ARTISTA NEI RUDERI DI SOVERATO VECCHIA TRAE ISPIRAZIONE DAL RITO D’INCUBAZIONE. UN’ANTICA PRATICA SPIRITUALE CHE COINVOLGE LA DIMENSIONE ONIRICA E RIVIVE OGGI IN FORMA LAICA E ARTISTICA NELL’INSTALLAZIONE E NELLA PERFORMANCE "SPARKLING MATTER"
Il sito archeologico di Soverato Vecchia è particolarmente suggestivo: immerso nel silenzio, circondato da colline, rivolto verso il mare. Il villaggio di Suberatum, che la tradizione riporta con il nome di “Suvaratu u Vecchiu”, si erge su una collina a circa 1300 metri dalla linea di costa. Il punto più alto della città è segnato dalla chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, ubicata a ridosso del muro di cinta sul margine settentrionale. Ad unica navata è anche la chiesa Matrice, che conserva quasi intatto il lato meridionale sostenuto da un barbacane come appoggio di rinforzo.
Il nucleo abitativo è stato abbandonato in seguito al sisma del 1783: camminando per le sue ripide salite è possibile ammirare le vestigia di un passato avvolto nell’incertezza. Pochi sono i frammenti di vita a noi pervenuti: a parlare sono le pietre e i materiali che costituiscono edifici ormai evanescenti e in parte distrutti, ma che conservano la capacità di raccontare secoli di storia, di vita, di lavoro, di disastri.